Jep Gambardella

Cercavo la grande bellezza. Non l’ho trovata.

La gente che si compra una villetta così è perché vuole il cane, no?

Una bella donna, alla mia età, non è abbastanza!

Ero destinato alla sensibilità. Ero destinato a diventare uno scrittore. Ero destinato a diventare Jep Gambardella.

È così triste essere bravi, si rischia di diventare abili.

Ho capito che a 65 anni non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare.

Volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alle feste. Volevo avere il potere di farle fallire.

Ho trascorso tutte le estati della mia vita a fare propositi per settembre, ora non più.

Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla.

Ho perso un po’ di tempo, mi sono lasciato deconcentrare. E scrivere richiede molta concentrazione. E tanta calma.

È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura.

Io berrò molti drink, ma non molti da diventare molesto e poi, quando voi vi alzerete, io me ne andrò a dormire.

La più grande ambizione di Flaubert era scrivere un romanzo sul niente, se ti avesse conosciuta avrebbe avuto un grande spunto.

Diamo sempre il meglio di noi agli sconosciuti.

Il mio vicino di casa era Giulio Moneta, uno dei dieci latitanti più ricercati del mondo, ed io mai accorto di nulla.

Ero scrittore dallo scatto breve, un centometrista. Col fiato corto.

“Chi sono io?”. Così iniziava un romanzo di Breton. Ovviamente nel libro non vi è alcuna risposta.

Hai cinquantatrè anni, una vita devastata, come tutti noi. Allora, invece di farci la morale, di guardarci con antipatia, dovresti guardarci con affetto.

Sono un gentiluomo: è l’unica certezza che ho.

Le vedi queste persone? Questa fauna? Questa è la mia vita. E non è niente.