Ho corso su e giù per ogni parquet dietro ad ogni palla persa per te. Hai chiesto il mio impegno ti ho dato il mio cuore perché c'era tanto altro dietro.
Caro basket, dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i calzini di mio padre e a lanciare immaginari tiri della vittoria nel Great Western Forum ho saputo che una cosa era reale: mi ero innamorato di te.
Non andiamo a cena assieme, non siamo amici. Ma il rapporto coach-giocatore è ideale. È conflittuale il giusto, perché entrambi amiamo le sfide. Senza Phil non sarei diventato quello che sono.
Una persona speciale, Magic Johnson: il primo a chiamarti per farti i complimenti. Il primo a chiamarti se qualcosa non va. Sono orgoglioso di conoscerlo. Lui è stato grande, può capirmi al volo.
Quando ci siamo incontrati per la prima volta ero solo un ragazzino. Alcuni di voi mi hanno adottato, altri no. Ma tutti avete contribuito a farmi diventare il giocatore e l'uomo che avete davanti oggi.
I miei compagni mi danno la palla, mi fanno dei passaggi meravigliosi. Il loro lavoro è rendermi la vita facile, il mio è di concludere. La cosa più responsabile da fare è fare canestro.
Voi mi conoscete, è anche inutile che ve lo dica: sapete benissimo che non farei mai una cosa del genere. Stanno circolando molte storie assurde su quello che sarebbe successo.
È difficile spiegare cosa sia successo, faccio fatica a rendermene conto. E se dicessi che avevo in mente di fare qualcosa di simile, mentirei. A un certo punto tutti si sono resi conto che era una serata particolare.
Ricordo quando a Philadelphia giocavo da solo nei playground, senza sapere in quale squadra sarei andato. Sognavo Magic Johnson, il mio idolo da quando avevo sei anni.