Ricordo quando a Philadelphia giocavo da solo nei playground, senza sapere in quale squadra sarei andato. Sognavo Magic Johnson, il mio idolo da quando avevo sei anni.
I ricordi, un inutile infinito, ma soli e uniti contro il mare, intatto in mezzo a rantoli infiniti. Il mare, voce d’una grandezza libera, ma innocenza nemica nei ricordi, rapido a cancellare le orme dolci d’un pensiero fedele.