Gli sembrava così bella, così seducente, così diversa dalla gente comune, che non capiva perché nessuno rimanesse frastornato come lui al rumore ritmico dei suoi tacchi sul selciato della via, né si sconvolgessero i cuori con l’aria dei sospiri dei suoi falpalà, né impazzissero tutti d’amore al vento della sua treccia, al volo delle sue mani, all’oro del suo ridere.
Passò un colpo di spugna senza lacrime sul ricordo di Florentino Ariza, lo cancellò del tutto e nello spazio che occupava nella sua memoria lasciò che fiorisse un prato di papaveri.
Era ancora troppo giovane per sapere che la memoria del cuore elimina i brutti ricordi e magnifica quelli belli e che grazie a tale artificio riusciamo a tollerare il passato.
Talvolta trovavano le lettere bagnate di pioggia, sporche di fango, lacerate dalle avversità, e alcune andarono perse per vari motivi, ma trovarono sempre il modo per riallacciare il contatto.
Aveva sentito un’urgenza irresistibile di ricominciare da capo la vita con lui per dirsi tutto quello che non si erano detti, e di rifare bene qualsiasi cosa avessero fatto male nel passato. Ma dovette arrendersi all’intransigenza della morte.
C’era una stella sola e limpida nel cielo colore di rose, un battello lanciò un addio sconsolato, e sentii in gola il nodo gordiano di tutti gli amori che avrebbero potuto essere e non erano stati.
