Ogni persona ha un suo proprio colore, una tonalità la cui luce trapela appena appena lungo i contorni del corpo. Una specie di alone. Come nelle figure viste in controluce.
Le farfalle hanno una grazia incantevole, ma sono anche le creature piú effimere che esistano. Nate chissà dove, cercano dolcemente solo poche cose limitate, e poi scompaiono silenziosamente da qualche parte.
Il risveglio di una città, con la nebbia o in un altro modo, è sempre un fatto che mi intenerisce più del sorgere dell’aurora sui campi. Rinascono molte più cose, ci si può attendere molto di più.
Prendemmo il sentiero degli alveari che d'estate impastano l'aria con un canto di fondo, basso sonoro di fabbrica che cava una goccia di miele da un giorno di fiori. È il canto di una volontà inesorabile di eseguire.
A settembre succedono giorni di cielo sceso in terra. Si abbassa il ponte levatoio del suo castello in aria e giù per una scala azzurra il cielo si appoggia per un poco al suolo.
La Sardegna, persa tra Europa e Africa, appartiene a nessun luogo. Appartiene a nessun luogo, non essendo mai appartenuta a nessun luogo. Alla Spagna e agli Arabi e ai Fenici, più di tutto. Ma come se non avesse mai veramente avuto un destino. Nessun fato. Lasciata fuori dal tempo e dalla storia.
La Natura è un tempio dove pilastri vivi mormorano a tratti indistinte parole; l’uomo passa, tra foreste di simboli che l’osservano con sguardi familiari.
Non c’è niente che sappia di morte più del sole in estate della gran luce, della natura esuberante. Tu fiuti l’aria e senti il bosco e ti accorgi che piante e bestie se ne infischiano di te. Tutto vive e si macera in se stesso. La natura è la morte.