Non sono stato io. Non ho ucciso io Joffrey, ma vorrei tanto averlo fatto! Guardare il tuo perfido bastardo morire mi ha dat o più piacere di centinaia di sgualdrine bugiarde! Vorrei tanto essere il mostro che credete che io sia! Vorrei avere veleno a sufficienza per tutti quanti voi. Sarei felice di dare la mia stessa vita per guardare mentre lo inghiottite!
La gioia vera viene da un'armonia profonda tra le persone, che tutti sentono nel cuore, e che ci fa sentire la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita.
La famiglia oggi è disprezzata, è maltrattata, e quello che ci è chiesto è di riconoscere quanto è bello, vero e buono formare una famiglia, essere famiglia oggi; quanto è indispensabile questo per la vita del mondo, per il futuro dell'umanità.
Nel vostro cammino familiare, voi condividete tanti momenti belli: i pasti, il riposo, il lavoro in casa, il divertimento, la preghiera, i viaggi e i pellegrinaggi, le azioni di solidarietà. Tuttavia, se manca l'amore manca la gioia, e l'amore autentico ce lo dona Gesù.
Ma quello che pesa di più nella vita non è questo: quello che pesa di più di tutte queste cose è la mancanza di amore. Pesa non ricevere un sorriso, non essere accolti. Pesano certi silenzi, a volte anche in famiglia, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli. Senza amore la fatica diventa più pesante, intollerabile.
E il segreto è che l'amore è più forte del momento nel quale si litiga e per questo io consiglio agli sposi sempre: non finire la giornata nella quale avete litigato senza fare la pace. Sempre!
Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e risuscitando nei punti piú diversi della terra.
C'è un vecchio proverbio che dice che non puoi scegliere la tua famiglia, è il destino che decide per te e anche se non ti piace, se non la ami o se non la capisci tu ti arrangi.
E all’improvviso il ricordo mi è apparso. Quel gusto era quello del pezzetto di madeleine che zia Léonie la domenica mattina a Combray […] mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio quando andavo a darle il buongiorno in camera sua.
Mio padre di spalle sul piatto si mangia la vita e poi sulla pista da ballo fa un valzer dentro il suo nuovo vestito. Per sempre, solo per sempre, cosa sarà mai provarvi dentro solo tutto il tempo? Per sempre, solo per sempre, c’è un istante che rimane lì piantato eternamente.
Cinquanta anni fa esisteva ‘a bella cosa. C’era sempre una zia che, se eravamo buoni, ci diceva: “mo a zia ti dà a bella cosa” e ci dava una caramella o un biscotto.
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male! I tuoi figli non sono figli tuoi. Sono i figli e le figlie della vita stessa. Tu li metti al mondo ma non li crei. Sono vicini a te, ma non sono cosa tua. Puoi dar loro tutto il tuo amore, ma non le tue idee. Perché loro hanno le proprie idee. Tu puoi dare dimora al loro corpo, non alla loro anima. Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire, dove a te non è dato di entrare, neppure col sogno. Puoi cercare di somigliare a loro ma non volere che essi somiglino a te. Perché la vita non ritorna indietro, e non si ferma a ieri. Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.
Non me ne potevo andare, perché lontano da questa terra sarei stata come gli alberi che tagliano a Natale, quei poveri pini senza radici che durano un po' di tempo e poi muoiono.
L’infanzia è una tappa naturalmente disgraziata dell’esistenza, Lillian. La storia che i bambini meritano la felicità l’ha inventata Walt Disney per far soldi.
Camminiamo una sera sul fianco di un colle, in silenzio. Nell’ombra del tardo crepuscolo mio cugino è un gigante vestito di bianco, che si muove pacato, abbronzato nel volto, taciturno.